Scivoli

Le macchinine scendono lungo una strada inclinata (piano inclinato). Galileo Galilei già più di 300 anni fa affermava che un tale scivolare è una caduta, soltanto più lenta. Cosi come se la forza di gravità fosse stata "diluita" (si divide in componenti).

Alla fine del tratto di piano le macchinine si ribaltano, come un nuotatore alla fine della vasca e non rallentano affatto - come se rimbalzassero.

L'ultima macchinina, appesantita da un pezzo di piombo, non va affatto più veloce: scendendo senza freni da un pendio una bicicletta accelererà non meno di una macchina. Anche questo fu notato da Galileo.

Le automobiline sul piano inclinato dovrebbero accelerare, ma “a occhio” non sembra così. Così come in altri giocattoli, la componente della forza di gravità equilibra (approssimativamente) la forza d’attrito. Teoricamente, la forza d’attrito non dovrebbe dipendere dalla velocità, secondo la formula dovuta a Leonardo da Vinci i T = ηG, dove G è la pressione (peso del corpo) e η il coefficiente di attrito. Evidentemente compaiono altri effetti: resistenza dell’aria, attrito delle ruote sugli assi etc.

Invece l’osservazione che la velocità di discesa non dipende dalla massa, è molto importante. Essa rende il senso dell’affermazione di Galileo che l’accelerazione a di un corpo su di un piano cresce con la sua inclinazione, ma non dipende dal corpo che vi scivola, come ben noto dalla relazione:

a = g sin(α), dove α è l’angolo d’inclinazione del piano e g l’accelerazione di gravità.

Incredibilmente istruttivo è tuttavia il “vero” piano inclinato di Galileo: un’asse inclinata con una scanalatura in cui rotola una sfera metallica. Cinque campanelli sono posizionati lungo l’asse, in modo che la sfera li urti scendendo. Galileo (figlio di un liutaio), sensibile al loro suono, posizionò questi campanelli in modo che venissero colpiti negli stessi intervalli di tempo (cioè a distanza 1:3:5:7 tra loro, coerentemente con la formula s = at2, cioè 0,1,4,9,16 dall’inizio del piano).